Il boccione maggiore, Urospermum dalechampii (L.), è noto anche come “cequaire all’ammérse”, perché quando si recide la pianta le foglie hanno la caratteristica di incurvarsi, tanto da assumere una forma tale da somigliare ad un polpo “arricciato”. Può essere seminato ai bordi dei giardini, come pianta ornamentale, per i suoi fiori che vengono anche recisi ed impiegati in decorazioni floreali. Fiorisce da marzo ad agosto. In zone dove le piante hanno a disposizione terreni profondi e nelle annate piovose, i fiori possono superare 6 cm di diametro. A fine inverno-inizio della primavera e prima della fioritura, si consumano le foglie basali, lessate e condite, da sole o insieme ad altre verdure oppure saltate in padella con olio e aglio.
Ai fini gastronomici si usano le foglie più tenere, raccolte prima della fioritura, lessate e condite, da sole o insieme ad altre verdure oppure saltate in padella con olio e aglio.
Il boccione maggiore è stato inserito nell’elenco nazionale dei PAT pugliesi grazie al lavoro effettuato con le attività della Compagnia del Carosello, in sinergia con il progetto BiodiverSO, a seguito del decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 28 febbraio 2021.
La scheda predisposta dalla Regione Puglia ai fini dell’inserimento nell’elenco dei PAT riporta, per quest’ortaggio, diversi sinonimi e termini dialettali: Cicoria amara, amarago, amarone, grugno, lattugaccio, scorzanera trifoliata, lattajolo, ingrassaporci, bell’ommo, “Cequaire all’ammérse”, “cicuredde âmmerse”, “cicuròni”.
Ai fini delle prove documentali per comprovare l’adozione di regole tradizionali ed omogenee inerenti la lavorazione e conservazione per un periodo non inferiore ai 25 anni, nella scheda predisposta dalla Regione sono riportate diverse testimonianze.
Un proverbio locale di Manduria (TA) così recita: “Cu li caroti, li erzi, li pasuli e tanti otri verduri, ntra lu minestroni già misu puru nu cicuroni” (“Con le carote, le verze, i fagioli e altre verdure, nel minestrone ho messo anche il boccione”).
Nel libro “Erbe mangerecce” del 1935, Angiolo Del Lungo riporta il lattugaccio o boccione.
Il prof. Vito V. Bianco, nel 1989, ha pubblicato il contributo “Specie erbacee della flora infestante pugliese utilizzabili come ortaggi e piante da condimento” (Accademia pugliese delle scienze, 46 (2), 11-27). Nell’elenco delle specie individuate fino a quell’epoca, e riportato nella tabella 1 della pubblicazione, le piante sono indicate in ordine alfabetico rispetto al nome scientifico secondo Pignatti (1982): l’ultima parte della tabella riporta il boccione maggiore.
Nel quadriportico del Monastero di S. Maria della Consolazione di Martano (Lecce), dove ha sede una comunità monastica rimasta fedele al programma di vita tracciato da San Benedetto nella sua regola (“ora et labora”) è ospitata una mostra permanente di erbe medicinali raccolte in situ a cura di Fra Domenico Palombi. Fra Domenico, ricercatore e profondo conoscitore di erbe officinali, ha raccolto, essiccato, catalogato e ordinato per genere, specie, famiglia, annotando nome volgare, nome scientifico e principali virtù terapeutiche ogni singola erba rinvenuta nella locale macchia mediterranea. Le erbe, disposte in diversi pannelli e vetrine, sono esposte nel grande chiostro e possono essere visionate durante la visita al monastero. Dello stesso Fra D. Palombi la casa editrice Edizioni Grifo ha stampato nel 2005 Erbario Salentino, Erbe e piante medicinali del territorio di Martano e zone limitrofe, a cura del prof. Silvano Marchiori, ordinario di Botanica sistematica dell’Università del Salento, in cui sono riportati i risultati delle “accurate investigazioni e della minuziosa ricerca e catalogazione delle piante erbacee e arbustive, medicinali e non, esistenti nel territorio di Martano e dintorni, che fra’ Domenico, nei circa dieci anni di permanenza nel monastero di Martano ha avuto modo di esplorare e studiare”. Il boccione maggiore è riportato sia sulla copertina del libro, sia all’interno assieme alle sue principali caratteristiche.
Il mensile Realtà Nuove di Mola di Bari ha pubblicato nel 1995 una guida al riconoscimento e ricette delle piante spontanee della flora molese: “I fogghie de fore” (la “e” in dialetto molese è muta). Infatti, a Mola è diffuso il consumo delle “fogghie de fore”, le foglie di campagna, con cui si indica tutto ciò che è allo stato selvatico ed è commestibile: dalla tenera erbetta mangiata cruda in insalata, alle rosette di foglie più consistenti e fibrose che invece sono consumate cotte in diverse preparazioni gastronomiche. All’interno della guida è segnalata la differenza tra boccione minore e boccione maggiore, specie tipiche della cucina tradizionale molese.