Tra le tecniche riconosciute per la conservazione delle risorse genetiche ex situ ve ne sono alcune di recente sviluppo che consentono il mantenimento in vitro di tessuti vegetali, plantule o propaguli su substrati sterili e in condizioni controllate.
Il Laboratorio di Micropropagazione e Microscopia del Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” è da diversi anni impegnato su queste tematiche e nell’ambito del progetto BiodiverSO contribuisce con metodologie innovative (crescita rallentata in vitro) alla conservazione ex situ di varietà locali di carciofo, quali ‘Centofoglie’, ‘Violetto e Verde di Putignano’, ‘Bianco di Taranto’ e ‘Locale di Mola’, ‘melone di Gallipoli e di Morciano’ e ‘batata leccese’.
Tale metodica sfrutta principalmente le basse temperature per rallentare il metabolismo cellulare e, di conseguenza, l’accrescimento dei tessuti vegetali, senza però intaccarne la funzionalità.Pertanto, una volta ripristinate le condizioni ottimali di crescita in vitro, tali tessuti riprendono l’attività di crescita.
Piante madri di carciofo ‘Centofoglie di Rutigliano’ e di ‘Locale di Mola’, raccolte presso privati ed istituzioni pubbliche, sono state avviate a tali programmi di conservazione.
Dai carducci prodotti dalle piante madri sono stati prelevati gli apici vegetativi che sono stati avviati alla coltura asettica su idoneo substrato di crescita e moltiplicati mediante propagazione per germogli ascellari, al fine di evitare instabilità genetica attraverso variazioni somaclonali.
Una volta stabilizzati, i germogli saranno avviati alla conservazione direttamente nei vasi di coltura.
Questa biotecnologia consentirà di mantenere in condizioni di sanità, in spazi ridotti e a basso costo, piante rispondenti geneticamente al materiale di partenza.