Nascere in un punto piuttosto che in altro di questa grande cosa che gira sospesa nel vuoto è un caso fortuito. Avrei potuto aprire gli occhi in qualsiasi altro posto, ma sono nata in Puglia e non ho mai avuto voglia di andar via.
Ho imparato ad amare questa terra, a rispettarne i ritmi, a godere del caldo e del freddo, della pioggia e del sole, a gioire della neve, se scendeva, e a sopportare l’afa quando arrivava.
A rispettare la campagna e a nutrirmi dei suoi frutti, a non sprecare l’acqua e il cibo, pronta a dare curiosità e attenzione ad ogni elemento di vita su cui ho posato gli occhi.
Ho attraversato le stagioni accompagnata da un calendario rituale “domestico” ricco di appuntamenti: i lavori della campagna, la cura degli animali, la preparazione del cibo quotidiano e delle conserve di cibo per i periodi in cui la terra riposa.
Ho celebrato degnamente i riti gastronomici legati alle “feste solenni”, prime fra tutte la Pasqua e il Natale, aspettando con gioia i momenti in cui la preparazione di una cosa o dell’altra prevedeva il coinvolgimento a vari livelli di gran parte della famiglia. E, fino a una certa età, atteso con gioia ogni estate, l’evento degli eventi, quello che riuniva tutti, e dava ruolo e dignità ad ogni componente, a prescindere dal genere, dall’esperienza e dall’età: la trasformazione dei nostri pomodori locali nella preparazione della “salsa” e dei “pezzetti”.
1. continua