Spunti tratti dal libro “A tavola nella Murgia di Sud-Est”
Il quarto volume della collana ‘Percorsi – A Tavola nella Murgia di Sud-Est’ (di Vito Buono e Angela Delle Foglie, Levante editori – 2005) ci spinge in un’altra parte del territorio centrale interno della provincia di Bari, in un percorso che si estende da Palo del Colle a Santeramo in Colle, da Acquaviva delle Fonti a Gioia del Colle, da Turi a Sammichele di Bari. Procedendo da nord a sud, e da ovest ad est, la campagna di quest’area geografica non appare quasi mai dominata da dalle monocolture, ma da una ricca alternanza di ambienti in cui convivono volentieri oliveti, piccoli orti, mandorleti, frutteti, vigneti, boschi, seminativi e incolti a pascolo. Ne deriva una varietà di produzioni agricole dalle quali la tavola trae tutte le materie prime di cui ha bisogno per un ricco menù.

Rappresentazione grafica dei comuni interessati con la copertina del libro ‘A tavola nella Murgia di Sud-Est’ edito da Levante Editori (2007).
Un territorio ricco di tipicità e prodotti tradizionali
Il territorio offre un’ampia varietà di prodotti di eccellenza il cui consumo non è più limitato al livello locale, ma ha ormai conquistato i mercati nazionali ed esteri, come nel caso dell’olio DOP Terra di Bari-Bitonto o del vino DOC Gioia del Colle, della oliva da tavola Termite di Bitetto, della Percoca di Turi e della Ciliegia Ferrovia. A questi danno man forte anche la Mandorla di Toritto e la Cipolla di Acquaviva, entrambi presidi Slow Food.
La Mandorla di Toritto è certamente uno dei punti di forza dell’economia agricola di questa città. Molto apprezzata per gli usi di pasticceria che se ne serve soprattutto per la preparazione di quella pasta di mandorle che è la base di molti gustosissimi dolcetti, ora è utilizzata anche per la preparazione di un pesto, da destinare a condimento della pasta, riscoperto dalle antiche tradizioni e ottenuto pestando le mandorle con erbe selvatiche della Murgia (oppure basilico e rucola), un po’ di peperocino, aglio, formaggio pecorino e olio d’oliva.

Immagini della tradizionale ‘Mandorla di Toritto’, impiegata non solo in pasticceria, ma anche per la produzione di un pesto con erbe selvatiche della Murgia.
La Cipolla di Acquaviva, per via della sua bontà e la discrezione nel gusto è spesso protagonista di molte preparazioni. Prime fra tutte il ‘calzone’ e i panzerotti farciti abbondantemente di questo delizioso ortaggio. La cipolla però accompagna egregiamente, sia cruda che cotta, molti primi: i ceci neri, le fave intere con la zucchina, la favetta con la cicoria. Tra i secondi divide volentieri la pignatta assieme al polpo, si accompagna alle uova fritte e alla carne arrosto. Interviene in tutte le insalate crude con i pomodori, con i cetrioli o con i barattieri. Sta bene anche da sola per i contorni, per esempio intera al forno oppure tagliata a fette e fritta. E per gli spuntini insaporisce le focacce al forno. Trova poi un singolare utilizzo finanche nella preparazione del gelato.

Immagini della Cipolla di Acquaviva, dal campo alla tavola.
Dagli allevamenti bovini, formaggi e carni per tutti i gusti
La ricchezza prodotta da queste aree viene anche dall’allevamento del bestiame, soprattutto bovini. Forte è quindi la produzione di latte che alimenta l’industria casearia che ha i suoi poli di eccellenza in Gioia del Colle, Sammichele di Bari e Santeramo in colle. Ma al di là dei numeri dappertutto siamo sempre in presenza di una eccellente qualità che deriva dalla salubrità dei luoghi, dalla bontà dei pascoli, dalla condizione di vita degli armenti (quasi sempre tenuti allo stato semibrado) e dalle freschezza della materia prima che va in lavorazione sempre a poche ore dalla mungitura.
Diversamente però che nell’Alta Murgia, dove sono gli ovini a contare di più, qui sono i bovini ad alimentare maggiormente la produzione di latticini e formaggi freschi o di breve stagionatura: mozzarelle, nodini, saccottini, trecce e treccioni, ricotte, scamorze, caciocavalli, cacioricotte e via dicendo. Spesso l’inventiva dei casari li propone, a parte che nelle preparazioni classiche, anche in forme e preparazioni assai singolari: un’esigenza che, in una terra di forte produzione di questi derivati del latte, è dettata dalle necessità di tenere vivo l’interesse dei consumatori anche attraverso continue novità, senza mai però trascurare la genuinità e la bontà dei prodotti.
Strettamente legato all’allevamento è l’elevato consumo di carni. Lo testimoniano, in ogni centro, le diffuse bracerie custodi di antiche tradizioni in tema di arrosti. Salsicce, bistecche e ‘gnumerjedde’ ardono sulle braci dappertutto. Ad esse, danno man forte tutti i vari tagli di carni bovine, ovine, suine ed equine che qui sono chiamate in causa nei ragù di cui c’è in quest’area una straordinaria varietà di preparazioni, perché ogni città sembra voler cercare una sua identità che la distingua dalle altre. E’ il caso, per esempio a Santeramo, della ‘ciavarra alla quarta’: pecora adulta (magra e che non ha mai partorito), detta ‘ciavarra’, fatta a pezzi e cotta in una grande anfora di terracotta (la ‘quarta’) in compagnia di molti ortaggi ed erbe selvatiche.
Dalla pasta, ai legumi, alle verdure
Tutti d’accordo però nella pasta da usare quando si tratta di condirla col ragù: è sempre l’orecchietta a vincere; e vince anche quando si tratta di unire la pasta alle verdure, ai cavolfiori o alle cime di rape. A proposito di pasta fresca, assai gettonati sono anche i cavatelli che si uniscono più volentieri ai legumi: fra questi, accanto a ceci, fagioli e cicerchie, registriamo la presenza dei ceci neri che qui sembrano assai graditi perché presenti quasi dovunque. In tema di legumi, poi, un altro assai consumato è la fava: che sia intera o sbucciata e ridotta a purè, la sua fine classica è nello sposalizio con la cicoria coltivata o con quella spontanea e selvatica, oppure con le zucchine o le cime di rape.

Alcuni esempi di piatti tipici a base di legumi, da sinistra: ceci neri, fave e zucchine, fave e cime di rape.
Molte anche le gustose preparazioni che uniscono la pasta alle verdure, per esempio i cavatelli alla rucola, i tagliolini ai funghi o agli asparagi selvatici, paste diverse ai broccoletti o alle cime di rape oppure al cavolfiore verde o al misto di ortaggi. Ottima la zuppa contadina nella quale cuociono assieme le fave secche e diversi ortaggi.

Alcuni esempi di piatti tipici di pasta con ortaggi, da sinistra: cavatelli con la rucola, pasta con cicoria, tagliolini con ortaggi.
Ancora una citazione meritano le aree incolte e boschive, i pascoli e i terreni marginali che non sono mai poveri di risorse e contribuiscono significativamente alla ricchezza dei menù attraverso la fornitura di quelle erbe spontanee che trovano l’espressione migliore nelle cicorielle di campo, negli asparagi selvatici e nei funghi fra i quali si registra non soltanto la presenza del classico Cardoncello, ma pure la presenza di russule, gallucci, chiodini e finanche porcini. Sono pure generosi di quei frutti selvatici talvolta dimenticati ma assai gustosi: sorbe, more, nespole germaniche.
A cura della cooperativa Agris