Accertato che una varietà possa identificare un territorio, la “Catalogna bianca di Tricase” lo identifica in pieno, insieme con la “Pestanaca Santo Ippazio” e con le numerose varietà di peperoni, zucche e melanzane, ormai obsolete, che nel secolo scorso caratterizzavano il paese. Quando ai contadini si chiede il nome della varietà di cicoria che coltivavano, la risposta è immediata: «A noscia, chira de Tricase» («La nostra, quella di Tricase»).
Purtroppo, anche i coltivatori più anziani, in questi ultimi anni, sono stati maldestri, hanno coltivato senza regole, hanno preferito comprare le piantine già pronte dal consorzio agrario piuttosto che prodursi la semente, e si sono lasciati convincere che le varietà moderne sono migliori.
È una situazione difficile, perché oltre alla varietà, si sta perdendo la memoria delle tecniche colturali ad essa legate, per non parlare del gusto e delle proprietà salutistiche dei prodotti agricoli locali. In questa confusione spiccano figure come quella di Cosimino Piscopiello, che da sempre coltiva la “Catalogna bianca di Tricase” e continua a riproporla.
Cosimino ha conosciuto tanti mestieri, ma da pensionato è tornato a fare il coltivatore a tempo pieno, riprendendo e attuando tutti gli insegnamenti di suo padre, di parenti e amici anziani. Molto attento alla qualità dei prodotti che coltiva e che trasforma per il fabbisogno familiare e degli amici, da anni si impegna per la collocazione delle produzioni locali nei negozi di ortofrutta e dei grandi magazzini. La sua conoscenza delle varietà del passato è enorme e la sua curiosità gli ha permesso di confrontare varietà dei paesi limitrofi e di selezionarle.
Ci informa che la “Catalogna bianca di Tricase” è una varietà che garantiva il prodotto da ottobre sino ad aprile, perché si presta a colture scalari e, quindi, a raccolte scalari. Due date cita con rigore e determinazione, quella della semina “de santu Paulu” (il giorno di San Pietro e Paolo … o giù di lì!) e quello del trapianto “da Madonna Assunta” (il giorno di ferragosto, dedicato alla Madonna Assunta). Ancora una volta, si mette in evidenza come le ricorrenze religiose servivano a scandire i tempi di semina, trapianto e raccolta.
La semina si fa in semenzaio realizzato in pieno campo, preparando un letto con terreno arricchito di letame sul quale si stratifica altro terreno ben sfarinato e mischiato alla semente. La prima semina serve a garantire postime sino a ottobre-novembre. Infatti, in agosto viene allestita la prima parcella colturale, ad ottobre-novembre ne seguono altre e, se rimane postime, altre ancora, sino a febbraio. Una seconda semina può essere effettuata in settembre, per garantirsi la disponibilità di piantine da trapianto in gennaio-febbraio. L’ortaggio non tollera il freddo e le gelate invernali, perciò è importante una corretta esposizione delle parcella colturali, al riparo dai venti freddi e in terreni ben drenati.
Cosimino realizza i semenzai e distribuisce le piantine di cicoria catalogna ad amici e parenti, la coltiva in purezza e di anno in anno seleziona le piante con i caratteri migliori, non vuole che questa varietà venga persa, perchè …è buona!

Certe eccellenze non vanno troppo pubblicizzate. Le dobbiamo gustare in pochi, non ce ne sono per tutti. Mi raccomando!!!
Ovviamente scherzo! Ultimamente, un famoso chef australiano in un programma televisivo, asseriva che l’ultimo contadino italiano mangia meglio del più ricco magnate australiano. Complimenti Cosimo and company.