Nel corso delle esplorazioni territoriali nell’hinterland barese, abbiamo visitato l’azienda della Società Agricola Milella s.r.l., ubicata nella zona di Bari-Palese, a pochi minuti di strada dall’aeroporto cittadino. L’azienda è stata fondata nei primi anni ’60 da Sabino Milella, ed opera nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione di una vasta gamma di prodotti ortofrutticoli tipici pugliesi.
Del finocchio “Gigante di Bari” si conserva ancora il seme
Incontriamo Giuseppe Milella, attuale amministratore della società, il quale ci racconta che il finocchio “Gigante di Bari” è stato coltivato da sempre in azienda per essere poi commercializzato sia nei mercati generali che nei supermercati, cercando di valorizzare le sue caratteristiche distintive legate alla pezzatura e alla qualità organolettica. Ancora oggi, sulla pagina web aziendale dedicata alle varietà di finocchio disponibili, assieme ai più comuni ibridi commerciali, è menzionato il “Gigante di Bari”, descritto come “antica cultivar molto apprezzata per la carnosità dei suoi grumoli, che viene selezionata e riprodotta in azienda”.
Infatti, il “Gigante di Bari” è stato selezionato e riprodotto in azienda per decenni: alla raccolta, dopo un’attenta scelta delle piante migliori, si procedeva all’estirpazione delle radici con parte del colletto e al successivo trapianto delle stesse, stimolando un nuovo “ricaccio” vegetativo e la conseguente produzione di seme.
Negli ultimi 4-5 anni, tuttavia, da un lato le necessità di rendere più efficienti le operazioni di coltivazione e di selezione del prodotto in campo, dall’altro la richiesta di varietà con pezzature più ‘contenute’ da parte della grande distribuzione organizzata, hanno obbligato l’azienda ad orientarsi verso i principali ibridi in commercio, che consentono di ottenere una più elevata omogeneità dei grumoli in campo ed una conseguente maggiore resa in fase di raccolta e confezionamento.
Sebbene non sia tutt’oggi coltivato, l’azienda conserva ancora gli ultimi lotti di seme prodotti 4-5 anni fa: questo materiale è stato messo a disposizione del progetto BiodiverSO per verificarne la vitalità e la germinabilità, al fine di contribuire a recuperare e conservare questa importante risorsa genetica locale.
Sull’origine della bietola “barese”
Proseguendo nella descrizione dei legami tra l’azienda e le varietà orticole locali, il sig. Giuseppe ci ha raccontato un interessante aneddoto sulla probabile origine della varietà “barese” della bietola da coste. Questa varietà, prodotta e commercializzata anche dall’azienda Milella, è ormai ben conosciuta sui mercati ed è presente nei cataloghi di numerose ditte sementiere, ma avrebbe avuto origine diversi decenni orsono dall’attività di selezione di un piccolo produttore barese, il sig. Michele Fornarelli.
Il sig. Fornarelli, che aveva acquisito una particolare ‘tecnica’ ed esperienza nel selezionare le piante e le radici migliori (al fine di conservare le particolari caratteristiche della varietà), aveva condiviso il seme di questa sua selezione con Sabino Milella (padre di Giuseppe). Il sig. Sabino era poi riuscito in breve tempo non solo a produrne crescenti quantità, ma soprattutto a valorizzare il prodotto sui principali mercati nazionali. Negli anni successivi, al fine di soddisfare le crescenti richieste di mercato, il sig. Sabino era stato costretto a consegnare parte del seme ad un vivaio locale, per poter aumentare la produzione di piantine necessarie ai trapianti aziendali. Tuttavia, lo stesso vivaio, sottraendo parte del seme fornito, avrebbe iniziato un’attività di moltiplicazione autonoma, aprendo così la strada alla successiva ed incontrollata diffusione della varietà “barese” in altre aziende e vivai.
- Il finocchio “Gigante di Bari” è tuttora menzionato nel sito web dell’azienda Milella srl, sebbene non sia più inserito nei programmi produttivi da circa 4-5 anni.
- La richiesta di finocchi di pezzatura “media” ed omogenea ha ridotto negli ultimi anni lo spazio di mercato del “Gigante di Bari”, nonostante le sue caratteristiche qualitative.
A cura di Vito Buono e Ettore Fistola