E salsa sia!

“Andate a prepararvi”, sollecitava mia madre, quando bambini, stropicciandoci gli occhi ancora assonnati, venivamo fuori dal letto richiamati dai rumori dei grandi intenti alle operazioni di preparazione della salsa.

Voci, movimenti di bottiglie e pentole in alluminio, mestoli, enormi coperchi e pentoloni, fornelli da salsa da posizionare e bombole di gas da “attaccare”.

I pomodori erano già tutti presenti, in casse allineate ordinatamente lungo il viale.

A volte, appena arrivati, se ne lavavano un paio di casse, in modo da avere già pronta, una “cottura” (pentolone già pieno di pomodori lavati) da avviare sul fuoco la mattina seguente.

So di persone che fanno levate di letto intorno alle 4 di mattina per terminare i lavori alle 20:00 di sera. I più pratici, attrezzati, veloci e organizzati, a volte sono liberi già in tarda mattinata.

NOI NO. MAI. Avviamo i lavori almeno tre giorni prima e terminiamo entro la mezzanotte.

Il primo giorno se ne va tra la ricognizione di tutto il materiale necessario, l’acquisto della bombola di gas, l’attacco della stessa al fornellone, il riordino degli spazi, il trasporto di bottiglie, “candere” e pentoloni dal deposito al posto di lavoro, e così via.

Il secondo giorno, per la serie “l’arte dei pazzi” , sostenuta da mio padre, contrapposta a quella “sono puliti, ma è sempre meglio dare una sciacquata, che è passato troppo tempo e possono dare di chiuso…”, sostenuta da mia madre, infiniti barattoli e bottiglie di tutte le capacità (da pranzo domenicale 2 kg, da panzerotti 1 kg, da sughetto veloce di supporto ½ kg, da inviare a parenti stretti fuori sede e single 250 g, per piadine veloci e pane pizza 125 g), già lavati, asciugati e custoditi in bustoni perfettamente sigillati, man mano che la salsa veniva utilizzata, vengono rilavati accuratamente e sistemati a testa in giù a “scolare” sotto un telo su altri teli puliti. E siccome devono asciugarsi perfettamente, solo il terzo giorno, finalmente, si parte per la salsa.

I pomodori vengono versati dalla cassa di raccolta in ampi contenitori in plastica azzurra, colore vocato ad un certo tipo di misure che sposa benissimo il rosso del pomodoro, che in quelle vasche, oltre ad essere sospeso nell’acqua pare sospeso nel cielo riflesso.

Le mani veloci di grandi e piccini muovono solerti liquido e ortaggi, riuscendo nel frattempo a far precipitare la polvere o quant’altro ricopra i pomodori e ad asportare il collarino a punte ed il picciolo verde, ormai non troppo saldo, e a schizzarsi di acqua.

Ai pomodori, vengono destinate più “passate”, in successive vasche di acqua pulita, fino a che in un crescendo di pulizia progressiva, il rosso splende, l’acqua resta limpida e il fresco avanza in forma di innumerevoli goccioline su braccia, mani e piedi ormai rattrappiti per l’umido, sugli abiti e tutto il resto del corpo, grato, in quei giorni ancora caldi di fine agosto/inizi settembre, di tanta freschezza.

È una consuetudine appresa felicemente da bambini: a fare la salsa ci si schizza, ci si diverte e ci si bagna. Nonostante le urla della Capo Salsa.

E man mano che si “sciacquano i pomodori” si avvia anche l’assaggio e il confronto con quelli di salse passate, in una attenta disanima delle caratteristiche dei terreni su cui sono coltivati (rigorosamente della “marina”), dell’onestà del venditore (questo non lo cambio ci tratta sempre bene, non come quello di due anni fa che ci ha riempito di “sfrattachiante”), delle dimensioni dell’ortaggio, dello spessore della buccia, del colore, della perfezione della forma, del grado di maturazione, delle dimensioni, della presenza di semi, del sapore.

Si sciacqua, si morde, e si parla.
Si sgronda, si spreme, si assaggia e si parla.
Si confronta con quelli della salsa passata, e per dare responsi veritieri e precisi, si assaggia nuovamente su piccoli pezzi di pane, si risciacqua e si parla. In una specie di allegro panel test familiare molto partecipato e vario per età e per genere cadenzato dagli accurati controlli della Capo Salsa sostenuti da raccomandazioni tipo… “Non giocate e lavateli bene che non sapete che schifezze usano oggi in campagna”, i poveri e stressati pomodori, vengono messi a “scolare” in tutti i contenitori disponibili, che per i tre quintali e “passa” trattati, rischiano di non essere mai sufficienti.
Mentre la manovalanza lava i pomodori, li mette a colare nei cesti, versa l’acqua dei lavaggi sotto gli alberi degli agrumi la Capo Salsa controlla la sobbollitura di quelli già versati nel grande tegame di alluminio, aggiunge il basilico, il sale e regola la fiamma sotto la prima cottura.

Le varie fasi di lavoro devono andare perfettamente ad incastro.

Quando i pomodori stanno arrivando al bollore, si prepara la seconda “cottura”, e così via fino ad esaurimento
Quelli che risultano “toccati” o un po’ flaccidi vengono messi da parte in una pentola per essere cucinati in giornata; quelli decisamente guasti vanno a raggiungere i collarini e le foglie nell’umido.

Appena la prima cottura è pronta, i pomodori vengono tirati fuori con un grande ragno di ferro, depositati nei canteri in terracotta o in grandi cesti foderati di teli sterilizzati in acqua bollente e messi al riparo dalla polvere in attesa di essere macinati.

5.continua

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