Il clima decisamente più mite del solito in questo autunno ha favorito la fioritura della ruchetta violacea [Diplotaxis erucoides (L.) DC.]. I campi ne sono pieni pieni. Gli oliveti si sono adornati di fiori bianche come ogni anno. A Laterza la chiamano “mariule” (la “e” è muta), a Valenzano “cemescazziette”, a Bari “a rapodde”, e ancora, dal Salento al Gargano, “cime de ciucce”, “maraiole”, “marasciule”.
Durante la raccolta delle olive, la ruchetta violacea veniva spesso cucinata con la pasta e condita con aglio, olio, pomodoro “appeso” e peperoncino, perché rappresentava, per molti contadini, un piatto da consumare la sera dopo la giornata di lavoro.
A Lucera, ancora oggi, “i mariule” si cucinano soffritti con aglio, olio e peperoncino e l’aggiunta di un po’ d’acqua, o bolliti insieme alla pasta (orecchiette, cicatelli e cicatelli aperti) con l’aggiunta di olio a crudo o olio e aglio soffritti e peperoncino, se si desidera; sono presenti nel pancotto, e in particolare quelle che vengono definite “foglie ammèsche”, ovvero la misticanza di verdure di campo. Quest’ultima è una ricetta poverissima per riciclare il pane duro, raffermo, che veniva bollito assieme alle verdure raccolte durante il lavoro nei campi o quando il nonno di Francesco, la domenica, svegliava il nipote per andare in campagna a raccogliere le verdure spontanee. La ricetta variava a seconda dei gusti di chi raccoglieva le verdure e delle donne che nel cucinare li dosavano sapientemente (non esiste una ricetta standard).

I ns ” marasciule”….che buoni!
Da noi (Andria) sarebbero “l sanapidd” :D ..ma non è meglio raccoglierli prima che fioriscono?
Quindi non è senape selvatica?
Mi associo alla domanda, ma è senape selvatica ?
Il pranzo di oggi, strabuoni