La fava è uno dei legumi di più antico utilizzo nell’alimentazione umana, legato in molte civiltà persino alla sfera del sacro.
Francesca Casaluci ha fatto un excursus del ciclo della fava, guidata dai proverbi e dai modi di dire propri del Salento. Potete leggere il suo contributo sul sito del nostro progetto (https://biodiversitapuglia.it/la-fava-nella-trasmissione-orale-delle-conoscenze-contadine/).
Ve ne proponiamo alcuni.
Le fave si seminano in Novembre: “ci ole ccabba li ceddi pizzulanti, cchianta la fava de Tutti li Santi”: se si vogliono eludere gli uccelli “pizzulanti”, cioè che si cibano delle fave messe in campo, bisogna seminarle il giorno di Ognissanti (1 novembre), probabilmente perché in quel periodo i volatili sono ancora attratti e sfamati dalle olive sui rami degli alberi.
“Sam Martinu, fave e llinu”; “de Santu Linardu, chianta le fave, ca ggià è tardu”: prescrive di piantare fave e lino per la celebrazione di San Martino di Tours (11 novembre). Per rimarcare il concetto, il 6 novembre si incita a piantare le fave, già in ritardo rispetto al tempo più indicato.
Un mese dopo, l’8 dicembre per la precisione, la pianta della fava dovrebbe essere già germogliata e formata: “de la Mmaculata, mmar’a lla fava ca nu nn’è nata” cioè “povera quella pianta di fava che per la Madonna Immacolata non è ancora nata”.
In primavera si diceva: “la fava face la via e la mendula la ulìa”, poiché fave e mandorli, con le loro fioriture, sono i primi, tra le piante erbacee ed arboree, ad annunciare la stagione produttiva. D’altronde si dice pure “abbrile inche le fave e maggiu lu granu” (aprile riempie le fave e maggio riempie il grano).
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