Gaetano Salvati, biopatriarca della storica cultura orticola di Vieste

Gaetano con la scarola
Gaetano con la scarola

Gaetano Salvati, 82 anni da Vieste, nasce orticoltore, negli anni 60 del ’900 emigra in Germania, poi torna, lavora all’acquedotto pugliese; nel tempo libero riprende l’orto del padre ormai vecchio e da allora, soprattutto da quando è in pensione, l’orto è tornato ad essere com’era: una straordinaria scacchiera di piccole aiuole sopraelevate dal piano di campagna per non esporle alle risalite di acqua salmastra o sottrarle alle frequenti esondazioni invernali della palude, specialmente negli inverni piovosi. L’orto di Gaetano fu “cavato”, strappato da una estesa palude costiera di Vieste (Palude Mezzane), che sfocia nella Piana Molinella, interessata dagli anni settanta del ’900 a insediamenti turistico-residenziali; ma l’orto di Gaetano è ancora li, oggi l’ultimo “luogo” della storica cultura orticola di Vieste che si disegna sugli arenili costieri e nelle cosiddette “mezzane”, sostanzialmente acquitrini, per i continui “impantanamenti”.

Dal padre impara tutta la tecnica, l’esperienza, tutte le conoscenze agronomiche della tradizione orticola degli arenili costieri viestani; non riesce a convincersi che bisogna comprarsi tutti i semi; fa in tempo a recuperare alcuni semi per lui fondamentali del padre e, da allora, almeno i semi di pomodori, scarole, angurie, meloni, peperoni semi sono ancora quelli: aveva sperimentato che le sue galline mangiavano solo gli scarti di piante (zucche, cocomeri, meloni, pomodori) di semi del padre, la ragione che lo porta a continuare a usare, sempre con più convinzione, questi semi.

L’orto non supera il mezzo ettaro di superficie; ogni giorno lo trovate li, anche di domenica, a curare le sue numerose aiuole sulle quali avvicenda le sue orticole: d’estate solanacee (pomodori, zucche, meloni, peperoni, melanzane); d’autunno brassicacee (cavoli, rape) e ombrellifere (finocchi) e composite (insalate). Lungo un margine di aiuola, un fila di carciofi, che ha ormai 40 anni, probabilmente le prime popolazioni di carciofo presenti storicamente nel Gargano: lo descrive con forma ovale, non colorato (tendenzialmente verde-biancastro), raccolta in primavera. Caratteri del brindisino? Avremo modo di esaminarlo in primavera.

D’estate sanno che c’è l’orto di Gaetano, un gruppo di turisti (milanesi, padovani) che lo seguono, lo aspettano da anni, per comprarsi qualche chilo dei suoi pomodori (Pomodori a foglia di patata), melanzane, zucchine. Nell’estate appena trascorsa (2014) scopriamo in un’aiuola non più di 10 piante di un’anguria che il Gargano e, non solo, aveva dimenticato: a buccia verde, tendenzialmente ellittica, ma tipi anche sferici, buccia sottile, la stessa che coltivava già il padre, prime popolazioni italiane della cultivar Sugar baby; “era l’anguria, quella vera – sottolinea Gaetano – di una volta”, diffusissima nel Gargano almeno fino agli anni sessanta del 900, poi definitivamente persa. Ci ha regalato un cocomero, ma con poca convinzione essendo il frutto prediletto di sua moglie; e così abbiamo anche noi oggi i suoi semi.

Nel suo orto anche le domeniche invernali per vincere, dominare a colpi di zappa le piante della palude (Phragmites australis) che ancora possono invadergli il suo orto; tollerante invece con altre piante spontanee come salicornia (Sarcocornia patula), che la regala ai suoi turisti, o con la quale si prepara delle ottime insalate.

Sorprese anche d’inverno: una piccola aiuola con scarole, quella di una volta, che si poteva mangiare cotta o bollita: i semi sono ancora quelli del padre.

In questa sede vogliamo segnalare almeno due specie, nel segno della stagionalità, la prima è l’anguria (estate), la seconda la scarola (inverno).

Come irriga? Fondamentalmente con secchi, e quindi sarebbe più giusto parlare di innaffiamenti. C’è ancora il fosso scavato da suo nonno, da dove preleva l’acqua. Quando deve fronteggiare difficili stress ha una motopompa.

  1. Citro rosso
    Popolazione di anguria inquadrabile nella cultivar Sugar baby
  2. Scarola a foglia lunga
    Cespo voluminoso, con foglie sfrangiate, lunghe. I semi li prepara tagliando gli scapi maturi (piante madri) in estate ma per staccare i semi usa, come faceva il padre un procedimento efficace: lascia gli scapi in acqua, per mezzo della quale si staccano e si preparano alla germinazione. Semina a agosto/settembre in semenzale; a ottobre trapianto; a dicembre sceglie i cespi da mangiare le foglie cotte e quelle da destinare a straordinarie insalate crude; in quest’ultimo caso interra per metà i cespi dopo averli adagiati sul terreno, li lascia una settimana e poi procede alla raccolta: tutto il “cuore” del cespo, bianco, giallo e soprattutto tenerissimo.

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