Ogni ricordo legato a questa pianta mi riporta alle coste odorose di menta e origano selvatico del Gargano. Ho trascorso tutte le estati della mia infanzia e della mia adolescenza avvolta da questi profumi, tra i colori stupendi della macchia che li ospitava e del mare su cui si affacciavano. Insieme a mia sorella e ai miei fratelli, accompagnavo mia madre a raccogliere i capperi da preparare per l’inverno. Ci avviavamo di pomeriggio, camminando a lungo e lentamente all’interno della macchia bassa e profumata, alternata a spazi rocciosi e a vegetazione più rada affacciata su un mare illuminato dai riflessi rosati del tramonto.
Mio padre affermava, sicuro, che i capperi di Vieste fossero i migliori nel mondo.
Per mio padre tutto quello che apparteneva a quella terra era il meglio nel mondo. E i capperi non facevano eccezione.
Abbiamo abitato dei posti bellissimi in quegli anni. Un aranceto sul mare a San Menaio, una casa sulla punta di un costone davanti a una torre saracena e a un trabucco sul mare a Manacore.
Mia madre raccoglieva i capperi nel pomeriggio. Camminavamo tra enormi piante dai fiori splendidi e delicatamente profumati.
Il profumo leggero e sapido di un fiore che spesso rimane ingabbiato nel bocciolo e che quando riesce a venirne fuori vive una piccola vita al contrario, aprendosi di sera per appassire il mattino seguente.
C’erano piante di capperi dappertutto. Pendenti o adagiate sulla roccia, tra origano e mentuccia selvatica, fin sulla spiaggia.
Mia madre ne prendeva di varia misura, mai troppo grandi. Quelli più piccoli erano i boccioli dei fiori non ancora dischiusi, i più grossi, di forma un po’ allungata, erano i frutti del cappero.
Tornati a casa provvedeva a separare quelli piccoli dai grandi, i capperoni, un po’ meno buoni ma sempre utili da mangiare. Li lavava dalla polvere e dopo averli fatti asciugare li cospargeva con sale grosso marino in un capace recipiente mescolandoli periodicamente. Nei giorni di cura i capperi perdevano l’acqua di vegetazione che unendosi al sale formava la salamoia, scolata per la maggior quantità e aggiunta in piccoli dosi, insieme ad una spruzzata di aceto, nella successiva fase di conservazione per evitare che il cappero si disidratasse.
Una volta pronti li sistemava in vasetti di vetro per il tempo in cui avrebbero insaporito i nostri piatti.
Oggi sono cambiate un po’ di cose.
Mio padre non c’è più.
Non ci sono più i posti favolosi della mia infanzia sotto i pini o tra gli aranci sul mare.
Ma anno dopo anno abbiamo continuato a salire sul Gargano, a respirare il profumo pieno dei pini che ti accoglie appena superi Mattinata, a percorrere in discontinuità di tempo ma in continuità di cuore le sue spiagge dorate.
e la bellezza delle piante di cappero piene di fiori rivolti al sole che ti fa ricordare di non raccogliere tutti i boccioli portati dalla pianta per riuscire a godere di tanta bellezza per tutta l’estate!
Penso siano tra i fiori più belli e delicati. Dal profumo pazzesco. Di capperi nn ne ho mai presi. Lo faceva mia madre. In compenso, a qualche fiore, nn ho saputo resistere:)