Talvolta le cose migliori sono figlie di un’apparente casualità, di un “non coltivato” che permette di godere del massimo risultato con il minimo sforzo. Lo sapevano bene i contadini, abituati a godere nella loro cucina della bontà di verdure spontanee e a scovare del buono in quelle parti delle piante che il mercato tende a bollare come prodotti di scarto. A questo e ad altri aspetti delle tradizioni gastronomiche contadine pugliesi è stato dedicato un volume intitolato “Presi in Ortaggio”. Il libro, edito dall’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, è stato realizzato nell’ambito di BiodiverSO, un progetto mirato alla salvaguardia della biodiversità delle specie orticole pugliesi, ed è frutto (e scusate se torniamo sempre sullo stesso tema) del lavoro di Massimiliano Renna e Pietro Santamaria, ricercatori e docenti presso il Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell’Ateneo barese.
Nel momento in cui abbiamo iniziato a pensare al titolo – ci racconta il prof. Santamaria – ci siamo accorti di avere le idee abbastanza chiare in merito ad un sottotitolo che rispecchiasse i contenuti. Ci mancava un titolo principale che fosse di “effetto”. Riflettendo, mi sono ricordato che, prima ancora di iniziare a lavorare a questo libro, una collega mi aveva segnalato di aver letto su un muro la scritta “Presi in ortaggio”. Forte, no?
Una perfetta coincidenza che avete potuto apprezzare perché magari, in un certo senso, sarà capitato anche a voi di essere stati “presi in ortaggio”.
In effetti è proprio così. Un po’ tutti, almeno una volta, siamo stati “presi in ortaggio”: quando arrossiamo “come un peperone” o se diciamo qualcosa che c’entra “come un cavolo a merenda” o se ci facciamo “infinocchiare” (potrei continuare ma per qualcuno questo potrebbe essere solo “spirito di patata”). Tornando al libro, i prodotti che descriviamo sono scarto o sottoprodotto di ortaggi comuni, oppure piante eduli spontanee. In tutti i casi si tratta di prodotti il cui utilizzo come alimento si è perso quasi del tutto. Partendo dalle tradizioni contadine, pertanto, noi li abbiamo rivalutati. E… liberati!
Effettivamente sfogliando “Presi in ortaggio” si ha l’impressione di veder liberati questi meravigliosi prodotti della natura dal marchio di “prodotto di serie b”. Ancora una volta è la conoscenza delle cose a dar loro valore. Per far questo da dove si è partiti? Qual è stato il “la”?
Siamo “figli della terra”. I nostri genitori ci hanno fatto conoscere e apprezzare i cardoni, gli sponzali, i frutti di cappero, ecc. E noi, da ricercatori, grazie al progetto “Biodiversità delle Specie Orticole della Puglia (BiodiverSO)”, finanziato dal PSR Puglia 2014-2020, li abbiamo recuperati, caratterizzati e valorizzati.
Questo radicamento alla terra è presente e percepibile in tutto il volume. Scorrendone l’indice passiamo dai cardoni alle microverdure di Puglia. Qual è stata – se c’è stata – per voi la più grande scoperta o sorpresa lavorando alla stesura di questo libro?
Le prime cose che mi vengono in mente sono il radicamento che hanno questi prodotti con la storia del nostro Paese. I documenti storici che presentiamo nel libro dimostrano che si tratta di prodotti tradizionali, utilizzati nella cucina contadina un po’ per necessità un po’ per tradizione. E poi sono venute le sorprese: l’elevatissimo contenuto di fibre dei frutti di cappero, la presenza di omega 3 nel finocchio marino, il valore nutritivo delle microverdure, ecc. Non da meno la scoperta di “nuovi sapori” in grado di contrastare la standardizzazione organolettica a cui (purtroppo) ci siamo assuefatti.
Le sedie di Mola, il senso della sedia e l’esposizione della ricchezza. Lei prof. Santamaria scrive nella sua premessa: “Nella diversità biologica […] c’è il nostro capitale naturale”. Potrebbe spiegarci meglio cosa intende?
La biodiversità è il capitale naturale del Pianeta e costituisce uno dei fattori cardine dello sviluppo sostenibile, per la sua importanza non solo per la sostenibilità ambientale ma anche per quella sociale ed economica. Ciò che recuperiamo (e conserviamo) oggi produrrà domani interessi, frutti dell’investimento fatto grazie a questo capitale.
Nel contesto economico e culturale a noi contemporaneo la straordinaria ordinarietà dei protagonisti del vostro lavoro come può essere vissuta, considerando che si sta parlando di prodotti che, agli occhi del mercato, appaiono come “sottoprodotti”?
È sempre più condivisa la necessità di ridurre lo spreco (alimentare, in questo caso) per il bene del Pianeta. Non solo, gli ortaggi sono essenziali per l’alimentazione e per la nostra salute. Da una parte occorre aumentare la varietà di ciò che mangiamo, dall’altra è importante sapere che le parti verdi dei cipollotti non vanno buttate, che possiamo mangiare anche le cime delle piante di fava e di zucchina…
Se si può chiedere, all’interno di questo lavoro dove finisce il prof. Renna e dove comincia il prof. Santamaria? Ci sono stati aspetti prediletti o maggiormente sentiti dall’uno piuttosto che dall’altro?
L’idea è partita dal maestro, il lavoro è stato tessuto dall’allievo. Massimiliano poi è anche un provetto cuoco… e diverse ricette presenti nel libro sono state realizzate personalmente da lui.
Anche se francamente dispiace sorvolare l’argomento “cucina”, proviamo ad allargare un po’ lo sguardo per comprendere come si colloca questa pubblicazione all’interno del progetto BiodiverSO.
Il libro nasce come obiettivo del progetto, per recuperare saperi e tradizioni dell’agrobiodiversità. Molti spunti li abbiamo ricavati dalle esplorazioni condotte sull’intero territorio regionale da noi stessi e dai colleghi coinvolti. Gli otto prodotti che presentiamo nel libro rappresentano un’ulteriore espressione della biodiversità orticola pugliese.
Cosa vuol dire parlare di biodiversità in Puglia? Quanto risulta complesso farlo? C’è ascolto e sensibilità rispetto a questi temi oggi più che in passato?
La Puglia è uno scrigno di agrobiodiversità. Finora abbiamo recuperato, conservato e caratterizzato un paio di centinaia di varietà locali di ortaggi pugliesi. C’è molta attenzione per la biodiversità, perché il consumatore ha voglia di sapori autentici e di stagione, perché è ormai a tutti chiaro che la biodiversità è un prerequisito per la sicurezza alimentare.
Come ben recita il sottotitolo del libro, “otto prodotti straordinari della biodiversità pugliese” sono stati raccontati tra le sue pagine. E chissà che questo racconto non sia l’occasione per un ritorno in grande stile nei ricettari di Puglia per rendere ancora più ricche le prelibatezze della sua tavola… Noi ce lo auguriamo!
Marica Miccardi