La curiosa denominazione di due varietà di pomodoro nel comprensorio di Parabita: Cummitoru a pappacocu e cummitoru te macchie

Giovanni Caggiula di Parabita non ha esitato un attimo a riceverci nella sua azienda per rilasciarci l’intervista anzi, ha invitato anche Aldo D’Antico, un maestro di scuola primaria in pensione e ricercatore storico locale che già da diversi anni parla di una varietà locale di pomodoro: “Cummitoru a pappacocu”. Sembra che non ci siano fonti storiche che attestino la presenza di tale varietà nel comprensorio di Parabita, ma il Sig. D’Antico ha riassunto le testimonianze verbali raccolte da giovane in un dattiloscritto che risale ad almeno dieci anni fa e che ci legge con orgoglioso senso di appartenenza al momento storico che ha visto tale varietà in auge.
Il Sig. D’Antico fa risalire la varietà alla seconda metà del XIX secolo, quando l’economia del luogo vantava produzioni agricole di notevole entità e commercio delle stesse fuori paese. Il nome della varietà dell’ortaggio deriva dal fatto che la forma della bacca del pomodoro è simile alla forma del frutto di una varietà di susino denominata “Pappacocu” che, sempre in quel periodo, si diffuse solo a Parabita e della quale non si ha più traccia. Ancora oggi gli anziani del paese recitano la filastrocca nota come “Canzuna te lu furese” (canzone del contadino), composta con assonanze verbali e che ricorda i frutti del prelibato susino: “Cochi, cochi, cochi,/ cu lle caruse è beddhru sciochi,/ cu lle caruse sciardiniere,/ ca te tannu li pappacochi…” (cochi, cochi, cochi,/ con le giovinette è bello giocare/ ma fallo con le giovinette giardiniere/ che ti regalano i pappacochi). Sempre nel dattiloscritto, si legge che il significato del termine “Pappacocu” non è molto specificato nei libri di testi dialettali, “… da Rolhfs a Romano si intende un frutto che sazia, che soddisfa, dato il suo valore nutritivo e di gusto”.
Il Sig. Giovanni Caggiula coltiva da sempre il pomodoro pappacocu e testimonia che la detenzione familiare della varietà si perde nel tempo (almeno 80 anni!); la produzione doveva soddisfare il fabbisogno familiare ma anche garantire grossi quantitativi per la vendita. La varietà si adatta all’aridocoltura ed allo sfasamento colturale; infatti, le prime semine vengono effettuate in marzo con trapianto in aprile, ma si può arrivare al trapianto entro la II decade di giugno.
Il Sig. Giovanni è proprietario di un’azienda agricola attrezzata di serre per la propagazione e serre per la coltivazione in piena terra. Dispone di una collezione di semi locali che, come i migliori custodi, mantiene in un vecchio frigorifero spento, in contenitori a chiusura ermetica (o quasi) riciclati. Disponendo del vivaio di propagazione, i contadini custodi del paese gli conferiscono semi delle loro varietà, per avere in cambio uno o due plateaux di postime già pronta per il trapianto; in tal modo, Giovanni rinnova e ridiffonde le varietà proponendole ad altri contadini o a coltivatori occasionali. Ci indica una seconda varietà locale di pomodoro che in un primo momento appella “Racalino”, ma poi si corregge ed afferma che è una varietà ormai disdegnata, perché si era soliti coltivarla nelle aree macchiose, probabilmente nelle chiarìe, perciò denominata “Cummitoru te macchie” (pomodoro delle macchie). Anche di questa varietà ha prodotto un bel numero di plateaux alveolati da proporre ai suoi acquirenti!
Nella sua azienda, in località Camerelle, si trova di tutto, dai fruttiferi ai vitigni, dai legumi agli ortaggi, coltivati anche in pieno campo. Ci mostra soddisfatto la coltura del cavolo broccolo locale (“Mùgnulu”), che a Parabita viene denominato “Càulu a campanelle”, perché le sue cime non sono compatte e carnose come quelle del cavolo calabrese, ma esili e flessuose.
In pieno campo c’è un’altra interessante coltivazione di dubbia identità varietale, la cicoria all’acqua, che secondo lui non corrisponde né alla cicoria di maggio né alla cicoria di aprile. Insomma, l’azienda Camarelle è proprio uno scrigno con perle di storia e di varietà locali!

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