Come il prezzemolo di ogni minestra.
I turisti che corrono a frotte a Putignano (BA) nei giorni del suo storico carnevale si imbattono inevitabilmente nella sua “farinella”. E mi riferisco a quella straordinaria e versatile farina che i putignanesi chiamano così e da cui la stessa maschera della città prende il nome, “Farinella”, appunto. Qui nessuno può farne a meno e la trattano come il prezzemolo di ogni minestra tanto per preparazioni dolci che salate.
È, questa, un’altra leccornia che si deve alla tavola dei contadini.
Anticamente arricchiva le loro mense e, unita ai fichi freschi o secchi, a cipolle selvatiche o erbe varie, la farinella rappresentava spesso l’unica fonte di energia e sostentamento nella pausa pranzo, quando il duro lavoro nei campi imponeva una sosta per riprendere le forze. A cena poi tornava sulle tavole della famiglia contadina, per dare sostanza a minestre e purè. La farinella in origine si faceva dall’orzo, ma secondo alcune fonti già nel ‘700 c’era chi cominciava a tostare e ridurre in farina i ceci neri, più friabili di quelli normali e quindi più facili da trattare nel mortaio con il pestello di pietra. Mortaio e pestello erano appannaggio di ogni famiglia, tanto l’utilizzo della farinella in cucina era diffuso e radicato, per ogni portata: dai primi, ai secondi, alla frutta, fino ai dolci naturalmente. Basta dire che la merenda tipica per i bambini era a base di acqua, zucchero, farinella e qualche goccia di olio d’oliva: un vero toccasana. Il suo pregio infatti non era solo di essere alla portata di tutti, oltre che di legare praticamente con qualsiasi alimento, ma di custodire quelle qualità nutritive tipiche dei prodotti naturali, che oggi sono considerate vere e proprie virtù terapeutiche. Ecco perchè le cose non sono poi tanto cambiate oggi a Putignano, visto che la farinella si trova ovunque, si vende già pronta in piccoli laboratori artigiani e in molti negozi della città, essendo l’ingrediente di base di molti piatti tipici.
La “farinella” viene in aiuto per la classica “scarpetta” quando, cioè, si vuole assorbire ogni intingolo e ogni sughetto rimasto nel piatto; e lo si fa non già col pane ma con la farinella di orzo e ceci. Al baccalà peparato in abbinamento con i carciofi si aggiunge per asciugarlo un po’ e produrre così una salsina dal sapore molto intenso che si unisce poi ai carciofi cotti a parte e qualche pomodorino fresco.
È ottima per una zuppa appetitosa. Ecco come si fa: si prepara un brodetto con acqua, pomodori a pezzettini, prezzemolo tritato e una cipolla intera; si lascia bollire finché la cipolla non risulti cotta; quando il brodetto è pronto si priva della cipolla, si versa in un piatto fondo e si lascia cadere a polvere, lentamente, la quantità di farinella necessaria ad assorbire il liquido rimestando continuamente.
E se è il momento della frutta, i fichi è quasi d’obbligo consumarli con la farinella. Figuriamoci poi se poteva mancare il dolcetto di farinella: si ottiene lavorando assieme sia la farina di ceci che quella d’orzo impastandola col burro, lo zucchero, le uova, la cannella, la buccia di limone e di arancia grattugiate e il latte necessario ad amalgamare il tutto; si guarnisce poi con confettini o spaghettini spezzettati di zucchero colorato.