La minestra arrangiata è una reminiscenza antica.
Di quando piccina, seduta sui gradini di casa del nonno, ogni giorno, scoccate le 12:00, si appresava all’uscio di casa una delle comari del vicinato per chiedere alla sorella di mia nonna che si occupava del pranzo «Porziedd, Cià cusc’n’t iosc..?».
A volte erano cavoli, a volte lenticchie, altre ancora fave con la buccia, ma ogni tanto era…
«Nodd, giost, nu pecch d’ m’nestr’arrangi…’t!».
La minestra arrangiata non era sempre la stessa ma variava con il variare degli avanzi da mettere insieme.
Ne ricordo una che mi era piaciuta tanto, realizzata con cavolfiori avanzati dal pranzo del giorno prima e ceci di forse due giorni o più, ringiovanita con un soffritto di aglio, olio e pomodorini.
La minestra arrangiata ha una storia più densa di una preparata appositamente per il pranzo.
Ha una storia più lunga da raccontare.
E mette insieme cibi che non sapevano che si sarebbero incontrati per scambiarsi e arricchirsi i sapori.
Mi è rimasta talmente nel cuore che la preparo ancora oggi.

Ma non direttamente: cucino il giorno prima minestra di ceci, il giorno dopo cavolfiori, e il terzo giorno metto insieme gli “avanzi” per la mia minestra “arrangiata”: vari formati di pasta fresca, con tanti bei pomodorini “sc’cattisciati” in olio, aglio, e peperoncino.
In realtà, nella minestra arrangiata originale, il peperoncino non c’era, ma in questa di discendenza ci entra di diritto.
Perché piace all’uomo di casa!