La passione per la terra. Visita alla Cooperativa Solequo

La città bianca da un lato, con i campanili che svettano alti, il Santuario della Madonna della Grata, con la splendida cupola, dall’altro lato; di fronte la distesa di antichi ulivi e di terra rossa; il mare all’orizzonte, alle spalle il labirinto di terrazzamenti e stradine che s’inerpicano verso il centro storico di Ostuni. Questo è il paesaggio che ci ha accolti quando siamo arrivati nei campi della Cooperativa Solequo, per conoscere meglio il progetto “I giardini della Grata”.

panoramica Cooperativa SolequoBiodiverSO si appassiona alle storie, ai racconti e alle idee, quelle antiche e autentiche, che affondano radici nella storia e la recuperano.
È il caso di Antonio Capriglia, che conserva un legame passionale (come lui stesso lo definisce) con la terra, vissuta come parte della storia della sua famiglia, e che ci ha raccontato com’è nata la sua idea divenuta poi una realtà.

I “Giardini della Grata” è il nome del Progetto, nato quasi per gioco, nel marzo 2014, per recuperare una parte degli antichi orti che abbracciano Ostuni nella zona periurbana e per salvarli dallo stato di abbandono. Gli orti, di cui la Cooperativa Solequo e il suo presidente Antonio Capriglia si occupano, si estendono su circa due ettari di terra, organizzati in un complesso sistema di terrazzamenti di epoca medievale, nati sui resti di un antico villaggio messapico, di vialetti pedonali, di antichissimi sistemi di canalizzazione delle acque piovane, di vasche di stoccaggio momentaneo delle stesse e di antiche e profonde cisterne di raccolta delle acque, in origine tombe messapiche. Questo esemplare modello di sistema di collettamento delle acque piovane, come ci spiega puntualmente Tommaso Giorgino, paesaggista membro della comunità di supporto al Progetto i “Giardini della Grata”, parte dalla città di Ostuni e, come un merletto di canali, coinvolge tutti gli orti sfruttando la pendenza per realizzare un efficientissimo sistema di irrigazione a scorrimento, tuttora attivo.

Ma al di là dell’intrinseco valore storico di questi orti, ciò che colpisce è la logica alla base dell’idea di Antonio: coniugare il recupero dei prodotti locali tradizionali, carichi di sapore autentico, con metodi di coltivazione biologica, allo scopo di esaltarne ulteriormente le caratteristiche di gusto e sapore, cioè produrre “prodotti dal sapore buono e autentico”.

E allora non stupisce, salendo e scendendo dai terrazzamenti, trovare, nell’ordine non casuale con cui tutto è stato programmato e posto in coltura, tantissime varietà locali che Antonio pazientemente, in tanti anni di attività, girando tra aziende agricole, appassionati e vivaisti, è riuscito a reperire e coltivare.

Noi abbiamo potuto osservare la coda della produzione invernale, con tante diverse varietà orticole del territorio locale e pugliese, ciascuna ordinatamente organizzata nel proprio terrazzamento:

  • le diverse varietà di Cima di rapa: Sessantina, Settantina, Centoventina, Prelatica, Maggiatica;
  • le tante varietà di Carciofo: Nero di Ostuni, Bianco di Ostuni, Brindisino, Piccolo locale carciofo di spine ma anche Carciofo spinoso, simile alla varietà palermitana, dalla pezzatura maggiore;
  • i Carducci derivati dal Carciofo francesina della zona di S. Ferdinando e Cerignola;
  • le Carote colorate di Polignano, portate a seme per ottenere un seme biologico biennale;
  • il Cavolfiore barese Cima di Cola;
  • i Cardi;
  • la Cicoria scattatora di Ostuni, coltivata secondo metodi tradizionali di pacciamatura con paglia e concimazione con letame di cavallo;
  • il Sedano maggiolino locale;
  • le Puntarelle rosse di Martina Franca.

Ma in questo orto urbano, che si presenta come un esempio perfetto di integrazione tra patrimonio storico, spazio agricolo, paesaggio e agricoltura sostenibile, nulla è lasciato al caso, nemmeno le zone apparentemente incolte che invece servono ad allevare in equilibrio insetti utili ed insetti dannosi, nel tentativo di ridurre al minimo possibile i trattamenti.
Tante le opportunità di recupero che uno spazio di questo tipo offre e le idee che ancora Antonio si augura di poter realizzare. E noi di BiodiverSO non potevamo non incrociare e incoraggiare questo percorso.

Testo e foto di Maria De Tullio

 

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