Alla ricerca di notizie e testimonianze sulla coltivazione della Patata dolce a Calimera, abbiamo incontrato e intervistato Vito Bergamo, del Circolo Arci Ghetonìa, insieme a Roberto Bruno dell’Associazione Calimerese Esercenti e Artigiani.
Calimera è un piccolo centro della provincia di Lecce, facente parte di un’isola linguistica ellenofona denominata Grecia salentina, che comprende undici comuni. In un territorio tanto particolare, alcune associazioni hanno attivato da anni percorsi di recupero e tutela delle tradizioni locali. Oggi ci troviamo proprio in uno dei luoghi simbolo di queste attività di ricerca e valorizzazione: la “Casa Museo della Civiltà contadina e della Cultura Grika”, gestita dall’associazione Ghetonìa.
Vito Bergamo, ricercatore esperto di storia locale, ha condiviso con noi alcune informazioni raccolte in questi anni a Calimera sulla coltivazione della Patata dolce, detta anche Batata, Patata zuccherina, Taratùfolo, etc.
Vito è partito dalle cosiddette “ngiurie” calimeresi, ovvero da quei soprannomi che spesso, anche nel Salento di oggi, vanno a sostituire i nomi propri delle persone. Ha censito infatti i soprannomi “Zzuccarrìnu” e “Patài”, derivanti entrambi dalla tradizionale coltura della Patata dolce, in griko “Patane glicèe”, che a Calimera era diffusissima. Una testimonianza raccolta da Vito, racconta dell’introduzione di questa coltura da parte di un certo Tommasi, dal quale sarebbe poi derivato il soprannome “Zzuccarrìnu”. La ricerca sul campo di Vito è continuata poi con altre interviste: alcuni anziani hanno raccontato tutte le fasi della produzione della Batata. Scelti gli esemplari migliori, a marzo se ne raccoglievano i getti, che venivano poi messi a radicare in una letto caldo con terra e letame, posto vicino al camino. Verso fine maggio, le giovani piantine così formate, venivano messe a dimora in pieno campo e, nella fase di crescita, venivano innaffiate quotidianamente, nelle ore notturne, per non disperdere l’umidità.
A Calimera si producevano tonnellate di prodotto, che prendevano poi le strade per tutto il territorio nazionale. Importante per questa economia erano le località costiere di Roca e Torre dell’Orso. Queste, essendo zone ex paludose e ricche di acqua, si presentavano particolarmente adatte alla coltivazione della Batata. In particolare, se ne occupavano le donne, cosiddette “gruttare”, perché, dopo il lavoro nei campi, passavano la notte nelle grotte ricavate nella falesia. Le donne di Calimera erano anche conosciute come “patanàre”.
L’associazione Ghetonìa, lo scorso anno, ha proposto un percorso di valorizzazione di questa coltura locale partendo da uno spettacolo teatrale realizzato con un gruppo di bambine calimeresi, in occasione della Fiera della Madonna di Costantinopoli. Grazie al coinvolgimento di altre realtà locali e dell’amministrazione, ha permesso la realizzazione di attività specifiche, tra cui un convegno sulla Patata “zuccarrina”.
Grazie al lavoro di ricerca di Vito Bergamo e dell’associazione, possiamo inoltre ampliare l’archivio bibliografico di BiodiverSO con altre foto d’epoca della coltivazione della Batata e con una breve raccolta di ricette tradizionali.