Tra i documenti conservati presso l’archivio del prof. Vito V. Bianco, abbiamo ritrovato un articolo del dott. Vittorio Marzi (divenuto poi professore ordinario di Coltivazioni erbacee presso la Facoltà di Agraria di Bari), intitolato ‘La coltura del cocomero e del mellone in Puglia ed il miglioramento della tecnica colturale’, estratto da un numero della rivista Terra Pugliese del 1960 (edizioni Leone, Foggia).
Frontespizio dell’articolo del dott. Marzi dedicato alla coltura del cocomero e del melone in Puglia negli anni ‘50 (Leone edizioni, Foggia, 1960).
La Puglia era tra le principali regioni produttrici di melone e cocomero negli anni ‘50: la superficie media annua era di circa 5.000 ha (il 17,7% dell’intera produzione nazionale), con una produzione media di 777.140 q (delle quali 537.570 q di melone). Tra i maggiori centri di produzione vi era la provincia di Brindisi, nella quale tuttavia proprio in quegli anni iniziava una graduale sostituzione con impianti di vigneto, a motivo della maggiore redditività del settore vitivinicolo e della crescente difficoltà di collocamento del prodotto sul mercato, dovuta anche alla crescente diffusione della coltura in altre zone (in particolare a Manfredonia, nella provincia di Foggia).
L’articolo riporta interessanti note di tecnica agronomica
Il dott. Marzi descrive le principali tecniche agronomiche impiegate per le due specie, sottolineando il fatto che entrambe le specie temono particolarmente le gelate, i ristagni idrici ed i terreni troppo pesanti: per questa ragione erano seminate lungo le aree litoranee e non troppo in anticipo (attorno alla prima decade di aprile), prediligendo terreni di medio impasto e tendenzialmente sciolti, e provvedendo ad un’accurata preparazione del terreno con lavorazioni piuttosto profonde, anche per costituire una buona riserva idrica secondo le tecniche di aridocoltura. In relazione alle modalità di semina, il dott. Marzi descrive quale sistema più diffuso quello ‘a postarella’, ponendo in ogni buca 7-8 semi, talora già pregerminati. In alternativa, iniziava a diffondersi in quegli anni il trapianto con piantine allo stadio di due foglioline vere ampie, preparate in vasetti di cartoncino senza fondo e dopo allevamento in apposito semenzaio.
Immagine tratta dall’articolo del dott. Marzi e relativa alla preparazione di vasetti in semenzaio per il trapianto del cocomero.
Le principali cultivar impiegate in Puglia negli anni ’50.
Il dott. Marzi riferiva di una situazione piuttosto confusa a livello locale, ‘essendo veramente numerosi e molto disformi i tipi esistenti, a causa della preponderante fecondazione incrociata di queste cucurbitacee (…) e mancando nella pratica l’applicazione delle più elementari norme per il mantenimento in purezza delle cultivar’. Il dott. Marzi sottolineava quindi la necessità di lavorare per il miglioramento genetico dei tipi locali, cercando di introdurre caratteri fondamentali quali ‘elevate produzioni, precocità, uniformità di pezzatura dei frutti, pregiate caratteristiche organolettiche e resistenza alle malattie’; agli agricoltori, poi, suggeriva di avere ‘maggiore cura nella produzione delle sementi, cercando di evitare al massimo gli incroci’.
In relazione alle cultivar più diffuse, il dott. Marzi cita un articolo del dott. Arnese (‘Mellonicoltura e melloni brindisini’, Edizioni Brindisine, 1931), secondo il quale si possono distinguere quattro tipi principali di melone coltivati in Puglia: 1) ‘Gialletto’, con ‘frutto ovale e sferoidale di media grossezza, corteccia liscia di colore dal giallo paglierino a giallo lucente’; 2) ‘Morettino’, con ‘frutto ovale o allungato e piuttosto voluminoso, corteccia di colore verde scuro finemente retato’; 3) ‘Egiziano’, con ‘frutto tondeggiante piuttosto voluminoso, con corteccia di colore bianco sporco’; 4) ‘Zuccherino’, con ‘frutto sferico schiacciato o allungato, di pezzatura media, con corteccia giallo arancio liscia o leggermente retata, o verde pallido sfumato di giallo finemente retato’.
Immagine tratta dall’articolo del dott. Marzi e relativa a frutti del ‘Gialletto’ brindisino.
Secondo l’autore, un aspetto comune a tutti i tipi descritti è un accrescimento rigoglioso e rapido, mentre la maturazione è un po’ tardiva, di solito verso i primi di agosto, tranne che per i tipi zuccherini più precoci. L’Autore sottolinea che questi tipi erano considerati tra i migliori ‘poponi’ invernali coltivati in Italia in particolare per le caratteristiche organolettiche, e ben noti con il nome di ‘meloni brindisini’.