Le norie erano i “marchingegni” che servivano a sollevare l’acqua di falda per irrigare i campi soprattutto lungo la costa, ad esempio a Mola di Bari. Si trattava di un sistema di secchi di rame o di legno inseriti in un nastro a catena che ruotava mediante una puleggia, a trazione animale (di solito cavallo, asino o mula bendati): i secchi si riempivano di acqua in fondo al pozzo e, allorquando giungevano sull’apice della ruota, rovesciavano il loro contenuto in una piattaforma che era collegata a sua volta a una cisterna (“u palemmidde” – la “e” è muta). La ruota verticale, che stazionava sull’imboccatura del pozzo, era collegata, mediante una trave di ferro lunga circa sei metri, a un’altra ruota, sempre verticale (vedi immagine), incastrata nei denti di ferro di una circonferenza orizzontale, fissata a terra, da cui si originava un’asta di legno o di ferro alla quale veniva legato l’animale.
L’introduzione delle norie viene fatta risalire alla dominazione araba (VIII e XI secolo), così come allora furono introdotti nella nostra agricoltura il gelso, il carrubo e gli agrumi).
Come si sa, le norie sono andate improvvisamente in disuso sul finire degli anni cinquanta per il pesante intervento della Protezione degli Animali, che facilitò l’introduzione delle motopompe ed elettropompe. Questo fu un primo duro colpo per la tradizione agricola dei paesi costieri. La noria, infatti, si basava sul principio del “taglio” dell’acqua di falda superficiale (più dolce) che galleggiava su quella salata di mare infiltratasi nella roccia. I ritmi di emungimento e quelli di arrivo dell’acqua di falda erano comunque a vantaggio di questi ultimi. Con le pompe, invece, questo equilibrio non veniva più rispettato, sicché la qualità dell’acqua peggiorava e non consentiva più di ottenere dagli orti le produzioni di una volta. Si assistette, quindi, al graduale abbandono delle aree irrigue costiere per sfruttare nuovi appezzamenti di terreno, più interni, attrezzati nel frattempo con pozzi più profondi.
Dal 1981 una noria con relativa lapide è presente in piazza Vittorio Emanuele ad Acquaviva delle Fonti, noto comune della provincia di Bari, che deve il suo nome alla ricchezza di acque sorgine e di falda, per ricordare “la fatica dei nostri padri”. Le norie erano presenti un secolo fa anche a Lucera, in provincia di Foggia.
Il titolo di questo post e il suo contenuto traggono origine dal bel racconto di Nicola Fanizza (“L’enigma delle norie”) pubblicato il 6 gennaio 2016 su NAZIONE INDIANA (http://www.nazioneindiana.com/2016/01/06/lenigma-delle-norie/).
Si veda anche: MAGNIFICO V., 1986 – L’ulivo e il mare. Dall’Interno, 7 (2/3), 33-34.