Tra gli ortaggi dimenticati e recuperati contenuti nell’Almanacco BiodiverSO (Eco-logica, Bari, 2015) c’è anche la lagenaria.
Alcuni autori hanno classificato diverse varietà botaniche di lagenaria. Quella presente e consumata in Puglia (e ancor di più in Sicilia) apparterrebbe alla forma “longissima” perché è caratterizzata da frutti molto lunghi.
La forma del peponide della lagenaria può essere modificata intervenendo meccanicamente sui frutti nei primi stadi di crescita, come qualcuno fa con le angurie per produrre frutti squadrati. Il fine è quello di ottenere peponidi che si prestino ad utilizzazioni particolari. Un uso molto particolare della lagenaria (essiccata) è quello di utilizzarla come contenitore nel quale si prepara il MATE, una bibita molto diffusa in Argentina, Chile, Paraguay e Brasile, la LAGENARIA (secca) serve da contenitore. Papa Francesco è un grande consumatore di MATE, come lo fu Che Guevara.
Da piccolo, oltre 40 anni fa, ricordo che consumavamo la stessa bevanda intorno al braciere, con mia nonna, mia madre e mia sorella; soprattutto in inverno, durante le pause della vita quotidiana. Bevevamo quello che oggi chiameremmo in italiano “il matto”, perché in dialetto quella bevanda era “u matte” (la “e” è muta). Sì, il Mate.
Negli ultimi anni dell’Ottocento e nei primi del Novecento molti miei concittadini (i molesi, io sono nato e vivo a Mola di Bari) emigrarono in Argentina (andando ad abitare prevalentemente alla Boca, il quartiere di Buenos Aires sulle rive del fiume Riachuelo, credo). Partivano perché erano poveri, in cerca di fortuna. In quei tempi, il Sud-America era ritenuta l’America ricca; infatti, il pesos e la pesetas quotavano ben quattro volte più del dollaro. Sono tanti i molesi che emigrarono e che ancora oggi vivono in Argentina. L’attuale ministro della cultura del governo argentina, Pablo Avelluto, è di origine molese (Laterza, 2015).
In dialetto molese la bevanda la chiamavamo (e la chiamiamo) “cèrbe” (la “e” senza accento è muta), derivazione evidentemente della “yerba”; la lagenaria in cui veniva messa è “a checozze” (in italiano sarebbe “zucca”). Il tutto prendeva il nome di “matte” (che deriva da “mate” e che in italiano sarebbe invece “matto”).
Le migrazioni hanno operato questi legami alimentari tra posti lontani. La yerba (erba) mate (Ilex paraguariensis) ora si trova abbastanza facilmente in Spagna ed Italia per le migrazioni recenti (migrazioni di ritorno). Negli anni ’70-’80, due milioni di giovani argentini (bevitori di mate) sono emigrati prevalentemente verso la terra dei genitori (Spagna e Italia) e quindi hanno creato la domanda. A Roma diversi negozi la vendono (ad esempio, Castroni).
E la passione per questo infuso è sempre forte in Sudamerica nonostante la relativa laboriosità della preparazione. Ho visto studenti portarsi tutto l’ambaradam agli esami, alle conferenze, ai picnic. Nella maggior parte delle stazioni di servizio in Argentina c’è un dispenser di acqua calda per il mate, in Uruguay vanno dappertutto (anche in bus) con i termos e la yerba, in Brasile (dove tutto è grande) usano Lagenarie enormi per prepararlo.
Mi piace che questo filo che unisce le lagenarie avvicini idealmente l’Argentina alla Puglia ed il Che al Papa.
E come disse Flaubert “non sono le perle a fare la collana MA IL FILO”. Infatti tante cose apparentemente “sciolte” sono spesso legate da un filo che dà loro un senso.
Questo post è il frutto di una scambio di email con Beti Piotto dell’ISPRA.
Bibliografia
Laterza A.G., 2015. Argentina: Ministro alla cultura di origine molese. Città Nostra. http://www.citta-nostra.it/2015/11/28/argentina-ministro-alla-cultura-di-origine-molese/ (visitato il 28 febbraio 2016)