Per rendere omaggio all’umile tubero che oggi può esibire il prestigioso riconoscimento del marchio DOP, ripropongo quanto ho illustrato nella mia presentazione del 28 aprile scorso ad Alliste (LE).
Albino Mannarini, nella sua opera “Orticoltura Salentina” del 1914 ci informa che verso la fine del 1800 la patata nel Salento era poco presente. Il fabbisogno locale veniva assicurato da patate provenienti da Campania, Abruzzo, Basilicata e Calabria. Fu l’imprenditore Francesco Cirio, spirito intraprendente e pioniere dell’esportazione dei prodotti orticoli, ad intuire le condizioni propizie del clima e dei terreni del Salento. Egli invogliò i contadini e i proprietari a coltivare la patata con degli onesti contratti e anticipando parte dei capitali occorrenti per la coltivazione. Lo scopo era quello di ottenere una patata precoce da portare sui mercati esteri.
La varietà coltivata in Salento era la Patata nostrana, a polpa rossastra. Poi furono introdotte le patate a pasta bianca e gialla. Nel 1914 la patata più richiesta era quella a pasta gialla o di Avezzano. Ma in agro di Nardò, Galatina, Galatone, Matino, ecc., ed in quasi tutto il Gallipolino, si adoperarono per la semina della Patata Amburghese, la July.
È da questa che con un incrocio mirato nacque nel 1935 la patata Sieglinde, che ancora oggi è la Patata novella di Galatina.