Teglia al forno con patate riso e cozze, orecchiette con le cime di rapa, spaghetti alla sangiovannella, zucchine alla poverella. Quattro piatti tradizionali della cucina contadina che rendono gioiosi i pasti dei baresi e che, incredibilmente, mancavano nell’elenco nazionale dei Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat).
Ora ci sono grazie al progetto «Biodiversità delle specie orticole della Puglia (Biodiverso)» della facoltà di Agraria dell’Università di Bari che li ha proposti con una ricca documentazione storica e iconografica.
In effetti quest’anno nell’elenco nazionale dei Pat della Puglia sono numerose le novità. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha approvato, con proprio decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 176 del 2017, l’aggiornamento dell’elenco nazionale dei Pat suddivisi per regione e categoria di prodotto. Per la Puglia, nelle sezioni «Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati» e «Prodotti della gastronomia», l’elenco risulta arricchito complessivamente di 25 nuove perle, gran parte delle quali tipiche del barese.
Ben 21 di queste nuove pietanze sono state candidate dal progetto integrato Biodiverso dopo un’approfondita ricerca: cavolo riccio, foglie miste (fògghj ammìske), fave fresche, marasciuli, melone d’inverno, patata zuccherina di Calimera, pomodoro di Mola e senape o cimamarelle tra i «Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati»; calzone, carciofi fritti, carciofi ripieni, cialda, cime di rapa stufate, minestra verde, orecchiette con le cime di rapa, pancotto, sgagliozze, sopratavola, spaghetti alla sangiovanniella, teglia al forno con patate riso e cozze e zucchine alla poverella tra i «Prodotti della gastronomia». Gli altri quattro prodotti agroalimentari tradizionali che arricchiscono il paniere pugliese sono: cece di Nardò nella sezione «allo stato naturale o trasformati», nonché «calzoni di ricotta dolce», «capriata» e «marro» nella «gastronomia».
Con il termine Pat si intendono quei prodotti agroalimentari le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura siano consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore a 25 anni. L’Italia vanta oggi 5.037 Pat (erano 4.965 nel 2016). Il primato è della Campania con 515 (29 in più rispetto al 2016), seguita dalla Toscana con 461 (uno in più rispetto all’anno scorso), mentre al terzo posto si colloca il Lazio con 409 Pat (13 in più). La Puglia ne vanta 276 ed è all’ottavo posto nella classifica delle regioni, superando la Calabria (268).
«È un risultato straordinario – afferma il professor Pietro Santamaria, docente di colture ortive all’Università e responsabile scientifico del progetto Biodiverso -. Il lavoro di recupero, caratterizzazione e conservazione che stiamo portando avanti da alcuni anni, grazie al Psr Puglia e alla sensibilità della Regione, ci consente di arricchire le nostre conoscenze e di riconquistare il patrimonio di diversità biologica dei nostri territori. Tutto questo lo abbiamo ricevuto in eredità dai nostri genitori e dai nostri nonni. Tocca a noi, adesso, valorizzarlo».
