Fino a qualche anno fa, i figli degli agricoltori fuggivano dalla terra e dalla fatica nei campi per avere una vita più comoda, con meno sacrifici. Da qualche anno, dopo la crisi economica che ha interessato soprattutto il nostro paese, i figli degli agricoltori, non avendo prospettive in altri settori economici, hanno iniziato a guardare alla terra con maggiore attenzione, rivalutando il lavoro nei campi e la qualità della vita contadina. Alcuni di loro hanno riscoperto la civiltà contadina e hanno iniziato a pensare a come migliorare la condizione dei propri genitori per avere una nuova prospettiva, restando nelle aziende famigliari. In questo contesto hanno rivalutato la biodiversità e la sostenibilità, che poi due facce della stessa medaglia culturale. Se questa è la situazione, soprattutto al Sud, i Comuni dovrebbero riprendere a sostenere e a promuovere il lavoro nei campi e il valore dei prodotti della terra. Per troppi anni le amministrazioni comunali hanno abbandonato l’agricoltura a sé stessa. Ora, invece, dovrebbero promuovere i prodotti locali, le filiere corte, la dieta sostenibile, le tradizioni contadine. Così facendo, l’agricoltura riprenderebbe il suo ruolo primario nell’economia di molti comuni, migliorerebbe la qualità della vita e saremmo tutti più sani e contenti.
Ecco alcune cose da fare: fare conoscere il territorio agrario, l’agrobiodiversità e le tradizioni legate alla terra; recuperare, caratterizzare e valorizzare le antiche varietà; promuovere itinerari della biodiversità, comunità del cibo e mercati contadini; creare partenariati per avere più forza contrattuale e sfruttare le opportunità offerte dalla politica comunitaria.
Sottoscrivo in pieno!!
Grazie. Sarebbe bello farlo capire a chi può determinare il… cambiamento.
Mi riconosco tra i giovani tornati tra le file arate dei campi, per passione, per scelta. Concordo pienamente sulla importanza di un mirato percorso di valorizzazione.
Certo. Occorre riprendere in mano il proprio futuro.