Un piatto forte della nostra gastronomia celebrato in un racconto di Giulio Cesare Croce.
Ha radici antichissime una preparazione contadina a cui i pugliesi difficilmente sanno rinunciare: rape e fagioli. Ne parla Giulio Cesare Croce nel suo “Le sottilissime astuzie di Bertoldo” (1606).
La storia, detta in breve, racconta di un saggio contadino, Bertoldo, che re Alboino volle tenere accanto a sé come consigliere. Ma Bertordo non era uomo di corte ma uomo di campagna e così mai riuscì ad adattarsi alla vita di palazzo. Gli mancavano la zappa, la terra e i cibi semplici della tradizione contadina (soprattutto rape e fagioli), ma il re non se ne rese conto. Così Bertoldo finì per ammalarsi.
Dice il Croce: “I medici non conoscendo la sua complessione, gli facevano i rimedi che si fanno alli gentiluomini e cavalieri di corte; ma esso, che conosceva la sua natura, teneva domandato a quelli che gli portassero una pentola di fagiuoli con la cipolla dentro e delle rape cotte sotto la cenere, perché sapeva lui che con tal cibi saria guarito; ma i detti medici mai non lo volsero contentare. Così finì sua vita con questa volontà…”
Solo allora il re capì quant’era stata dura per il suo fido consigliere rinunciare alla vita e al cibo a cui era abituato e così dispose che sulla tomba di Bertoldo fosse scritto con caratteri d’oro questo epitaffio:
“In questa tomba tenebrosa e oscura,
giace un villan di sì deforme aspetto,
che più d’orso che d’uomo avea figura,
ma di tant’alto e nobil’intelletto,
che stupir fece il Mondo e la Natura.
Mentr’egli visse, fu Bertoldo detto,
fu grato al Re, morì con aspri duoli
per non poter mangiar rape e fagiuoli.”
Mi pare ora appena il caso di far notare una raffinatezza di Bertoldo: lui le rape le voleva cotte sotto la cenere. E vi garantisco, per esperienza personale, che son tutt’altra cosa. Le ricordo benissimo quando, d’inverno, di primo mattino, i contadini accendevano il fuoco con le fascine di olivo per riscaldarsi un po’ e consumare una frugale colazione accompagnando il pane con una manciata di olive nere e qualche cima di rapa infilando le une e le altre sotto la cenere. Una vera delizia.
Va detto però, in tutta onestà che le rape a cui fa riferimento il Croce non è chiaro se siamo proprio le nostre “cime di rape”. È probabile, infatti, che si tratti delle rape rosse o di quelle bianche che in molti luoghi d’Italia sostituiscono le nostre cime nell’abbinamento con i fagioli. A noi piace pensare che si tratti delle nostre “cime di rapa”, ma forse siamo partigiani. Poco importa, comunque, che si tratti delle une o delle altre: l’abbinamento con queste o quelle è davvero sempre assai gustoso.