Nell’ambito di un accordo internazionale tra il Governo italiano e l’International Institute of Tropical Agriculture (IITA) di Ibadan (Nigeria)(1), negli anni ’80 del secolo scorso l’Istituto del Germoplasma, (oggi Ist. di Bioscienze e Biorisorse) del Consiglio Nazionale delle Ricerche intraprese una serie di missioni destinate al reperimento e alla salvaguardia del germoplasma del Fagiolino pinto o Fagiolino dall’occhio o Occhiopinto [Vigna unguiculata (L.) Walp subsp. unguiculata].
Nel 1986, durante una missione di esplorazione specifica, il gruppo dell’Istituto del germoplasma notò una notevole diffusione del “Fagiolino pinto” in territorio pugliese, anche se in piccoli appezzamenti di terreno e in orti a conduzione familiare. Come caldamente raccomandato dalla FAO fin dagli anni ’60, la raccolta fu circoscritta alle sole varietà tradizionali (landraces) minacciate dall’incalzante fenomeno dell’erosione genetica(2). Le interviste rivolte agli agricoltori rivelarono la notevole predilezione da parte dei consumatori per questo particolare ortaggio. Tuttavia, anche altre motivazioni sembravano giustificare la coltivazione del Fagiolino pinto, come ad esempio la convinzione diffusa che questa pianta avesse una certa rusticità e che contenesse sostanze galattogene, nonché altre caratteristiche ritenute di pregio.
A volte, nei mercatini rionali si potevano ritrovare le due specie simili di fagiolino fresco, V. unguiculata e Phaseolus vulgaris, spesso vendute in cassette contigue. Il fagiolino pinto (di origine africana, il vero “Phaseolus” degli antichi Romani) solitamente “spuntava” un prezzo molto più alto rispetto al fagiolino di origine americana.
I risultati delle esplorazioni del 1986 e delle attività di ricerca da esse derivate sono riferiti in rapporti tecnico-scientifici(3) e pubblicazioni(4) che rivelano la presenza di un’interessante quota di variabilità sia tra le diverse accessioni (campioni) reperite che tra individui della singola accessione.
Questi ed altri dati raccolti costituiscono una fonte di informazioni storiche ed etnobotaniche che dimostrano il forte e antico legame delle popolazioni del sud e di quelle pugliesi in particolare con l’uso del Fagiolino pinto.
Il team di esploratori che sta studiando il Fagiolino pinto pugliese nell’ambito del progetto BiodiverSO, oltre a rilevare una stabile diffusione di queste varietà tradizionali nella regione, ne ha riscontrato anche una discreta variabilità genetica pur se apparentemente in minor misura rispetto a quella registrata negli anni ’80 del secolo scorso.
Il Fagiolino dall’occhio è conosciuto in provincia di Bari con il nome locale di Fagiolino pinto e Occhiopinto; è una tipica coltura pugliese, quasi per niente diffusa in altre regioni.
Salvatore Cifarelli e Gabriella Sonnante
Immagini dell’articolo relativo alle missioni di esplorazione del 1986
1. L’International Institute of Tropical Agriculture (IITA) di Ibadan è una importante banca dei semi africana che fa parte della rete del Consultative Group on International Agricultural Research (CGIAR).
2. Erosione genetica: perdita, nel tempo, della diversità genetica tra popolazioni o varietà della stessa specie e all’interno di esse, o riduzione della base genetica di una specie a causa dell’intervento umano o di un cambiamento climatico (DL 29/10/2009, n. 149).
3. Padulosi S., Cifarelli S., Monti L., Perrino P. 1987. Cowpea germplasm in southern Italy FAO/IBPGR Plant Genetic Resources Newsletter, 71: 37.
4. Laghetti G., Padulosi S., Hammer K., Cifarelli S., Perrino P. 1990. Cowpea (Vigna unguiculata (L.) Walp.) germplasm collection in southern Italy and preliminary evaluation. In Cowpea Genetic Resources, Ng, N.Q. and Monti, L.M. (eds.), Thailand: Amarin Printing Group Co. Pp.46-57, ISBN 978 131 0537.
Sono pugliese è ho molto apprezzato la vostra ricerca e ritengo molto importante salvaguardare l’OCCHIOPINTO dall’estinzione alimentare e colturale.
Ora, ormai da 24 anni, vivo in Brasile e nel mio gierdino sono apparse delle piante di “phasulus”, il che mi ha fatto ricordare la var. Occhiopinto che mangiavo alla tavola dei miei nonni.
Vorrei sapere se è possibile comprare dei semi per piantarli nel mio orticello e qual’è la differenza organolettica, alimentare, ecc tra il “V. Unguiculata” e il “P. vulgaris”.
In attesa di una risposta, vi porgo distinti saluti…
L. A.
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