Bona Sforza, giovane ed avvenente ragazza, figlia di Gian Galeazzo Sforza ed Isabella D’Aragona duchessa di Bari, il 6 dicembre 1517 sposa per procura (il marito cinquantenne non era infatti presente!) Sigismondo I di Polonia.
Vissuta ed educata a Bari anche se frequenti furono i soggiorni napoletani, scelse proprio il giorno di San Nicola per le sue sontuose nozze, tenutesi in Castel Capuano a Napoli, tramite le quali divenne Regina di Polonia e duchessa Magna di Russia, Lituania e Prussia.
Lo storico Luigi Sada nel saggio “Ars Coquinaria barensis al banchetto nuziale di Bona Sforza nel 1517” fa un attento studio storico-filologico, riuscendo a dimostrare che il pantagruelico banchetto nuziale non fu cucinato secondo tradizione partenopea ma barese.
Esso vantò più di 1450 piatti diversi ovvero 29 portate, ciascuna della quali comprendeva non meno di 50 vivande. Si svolse “dopo oltre mezzo mese di preparativi” secondo i canoni rinascimentali per i quali queste occasioni erano soprattutto “presentazioni gastronomiche”: spettacolo di potere e opulenza con nove ore di banchetto dalle 2 di notte alle 11 del mattino successivo, con alternanza di portate, dolci e salate (lo zucchero entrò in modo preponderante nei banchetti rinascimentali come segno appunto di ricchezza).
Prima di dare inizio al convivio nuziale, però, vi era un “Mastro di cerimonia” che imponeva agli assaggiatori di accertarsi che nelle pietanze ed intingoli non ci fossero veleni.
A quanto narra Sada, “la seconda portata che faceva pur a pugni con l’antipasto dolce fu un’insalata d’herbe”: erbe ed indivie miste ad acciughe, fiori di borragine, fiori di rosmarino, sedani ripieni con cannella, ravanelli, ma soprattutto “lampajoni (…) intagliati a figure di strani fiori o di nani o di mostriciattoli”.
La loro presenza ci dice quanto questo convivio nuziale avesse “marca pugliese” dato che i lambascioni “non esistono altrove ma soltanto in terra di Puglia”.
Da questa occasione pantagruelica ne scaturì che i cuochi di Bona Sforza durante i soggiorni in Polonia preparavano manicaretti italiani ed insegnavano l’uso degli agrumi meridionali, per cui la lingua Polacca si arricchì di nuovi termini culinari di chiara origine pugliese o barese, come ad esempio “vampajoly”, cykorje, pomodory, ecc.
La Regina di Polonia, rimasta sempre legata alla città di Bari, quasi al termine della sua vita si stabilì nel castello del capoluogo pugliese nel 1556 dove si spense l’anno successivo.
Ne raccoglie le spoglie l’imponente monumento funebre fatto erigere dalla figlia Anna nell’Abside Maggiore della Basilica di San Nicola.
Ricerca e testo di Alessandra Panaro