È tornato il sereno e con il sole sono ricominciate le mie escursioni in campagna per rifornirmi di uova, frutta e verdura di stagione dai miei amici contadini.
L’ambiente è rilassato e socievole, e avvolta dal canto delle cicale, tra gatti, papere e galline razzolanti, posso dedicarmi ad una tra le mie occupazioni preferite: scambiare chiacchiere e ricette con altri ospiti di passaggio.
Spesso, passeggiando per i campi, ho pensato che sarebbe molto bello che chi ama cucinare piatti a base di verdura conoscesse la pianta dell’ortaggio che va ad utilizzare: apprezzerebbe la forma e le dimensioni delle foglie, la lunghezza e il diametro degli steli, i colori e la forma del fiore.
Ne risulterebbero accresciuti il gusto degli occhi, del palato e della conoscenza.
La zucchina, per esempio.
La zucchina nasce su una pianta sorprendente, dal bellissimo fiore giallo-arancio, che ritroviamo sulle piante maschili in versione più grande e dotato di uno stelo personale e su quelle femminili alla sommità del frutto, con fiori più piccoli che non si annullano nella maturazione dell’ortaggio, ma lo accompagnano nella crescita continuando a svilupparsi anch’esso, fino a creare a volte contrasti di volume surreali; mi è capitato di vedere grandi fiori tenacemente attaccati a delle zucchine piccole, piccole.
Le sue grandi foglie marezzate di chiaro, che riportano in grande le screziature minuscole di alcune specie locali, richiamano vagamente il decoro sui toni sfumati di verde a chiazze di alcune tra le nostre ceramiche tipiche più belle.
Che i nostri artigiani ne abbiano tratto ispirazione? Che siano state proprio le foglie di zucchina ad ispirarne l’astratto motivo grafico e cromatico conosciuto nel mondo?
I lunghi steli cavi e ricoperti di fittissime e minuscole spine sono ruvidi al tatto e si adattano alle foglie importanti, raggiungendo diametri giusti per sorreggerle.
La prima volta che li ho visti ho pensato di ritagliarne pezzetti da infilare per fare collane vegetali. Non sapevo fossero commestibili. Ho sempre cucinato zucchine e fiori, ma gli steli, i germogli e le foglie non li avevo mai portati in cucina.
Li ho incontrati da Tonia, la mia verduraia di Conversano, adagiati a fasci in una cassetta, con le foglie e le minuscole zucchine fiorite, insieme ad altri ortaggi, pronti per essere ritirati da clienti di Bari che ne avevano fatto richiesta.
I baresi, o almeno quelli che si servono da lei, mi confida la mia amica, ne vanno matti e della pianta di zucchina impiegano proprio tutto. Cucinano gli steli insieme alle foglie più tenere, ai germogli e alle minuscole zucchine fiorite per condire la pasta. Sbollentano le foglie e le stufano in aglio e olio per farne saporiti contorni o le usano come fagottini farciti di saporiti ripieni.
Questo fascio di foglie, steli, germogli e zucchinette fiorite, dal romantico nome di “Céme de checozze” (la “e” è muta) o “Céme di chechezzedde” (in italiano, talli o cime di zucca o di zucchina), si presta ad essere impiegato in molteplici gustose ricette, sulla base di una tradizione gastronomica che ha origini lontane nel tempo. Nasce dalla cucina povera contadina nelle campagne e nei paesi di alcuni territori del sud Italia ma con il migliorare delle condizioni economiche è andata via via scomparendo, rimanendo retaggio di pochi territori, anzi, direi di pochi nuclei familiari all’interno di alcuni territori compresi prevalentemente tra Puglia e Campania.
Nel mio paese, ad esempio, a pochi chilometri da Bari, non esiste una tradizione gastronomica in tal senso. Ne ho chiesto ad alcune tra le mie conoscenze, mi sono informata presso alcuni fruttivendoli, ho approfondito con Checchina, per i suoi 91 anni e il suo amore per la campagna e la cucina vegetale, senza trovare alcun riscontro in merito al loro impiego in cucina.
La mia amica verduraia mi ha passato, nel tempo, alcune ricette trasferitele dai clienti baresi e mi ha consigliato di provarle con alcune raccomandazioni “tecniche” al seguito: eliminare accuratamente i “fili”, come si fa con i gambi di sedano, agli steli e al peduncolo di base delle foglie, che devono essere freschissimi per agevolare l’operazione di pulitura; tagliare a pezzi equivalenti tutte le parti da cucinare, per garantire una cottura uniforme e sbollentarle per 10-15 minuti, prima di utilizzarli.
Il resto è tutto in discesa, e il sapore buonissimo.
Assaggiati la prima volta mi si è scatenata la fantasia gastronomica.
Li ho aggiunti agli ingredienti del mio minestrone.
Con steli, foglie, zucchinette e fiori, tagliati a pezzetti, avvolti nella pastella e fritti, ho fatto gustose frittelle vegetali; passati nel burro son serviti ad arricchire un fresco e ottimo risotto.
E naturalmente, con gli steli più legnosi che non sono riuscita ad utilizzare in cucina, ho composto bellissime collane vegetali.

Il blog è bellissimo. Complimenti! I racconti sono affascinanti, garbati e veri. Le descrizioni/informazioni belle e utili. Userò questo blog con la mia classe di scuola primaria.
Brava Antonella!
Complimenti per lo stile e la chiarezza descrittiva. Anche ad Andria è ancora abbastanza diffuso il consumo di “cium d c-cozz'” .